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(Dis)connessioni: riflessioni sulla mostra di Cascina Roma fotografia

(Dis)connessioni: riflessioni sulla mostra di Cascina Roma fotografia

Tempo di lettura: 2 minuti. Dal 9 aprile al 22 maggio Cascina Roma fotografia ospita la mostra internazionale “Connessioni: diritti, ambiente, conflitti”. Un progetto frutto della collaborazione tra il Comune

  • PubblicatoAprile 11, 2022
Tempo di lettura: 2 minuti.

Dal 9 aprile al 22 maggio Cascina Roma fotografia ospita la mostra internazionale “Connessioni: diritti, ambiente, conflitti”. Un progetto frutto della collaborazione tra il Comune di San Donato Milanese e il Gruppo Fotografico Progetto Immagine, ideatore del Festival della Fotografia Etica. Sinergia nata nell’autunno del 2018 e confermata per un nuovo triennio dallo stesso assessore alla Cultura Francesco De Simone, presente alla preview della mostra. Tra gli obiettivi del progetto quello di “aprire una finestra di riflessione sul mondo” attraverso sei postazioni en plein air diffuse per la città che permettono una connessione diretta con la comunità. Necessità nata in risposta all’emergenza epidemiologica che diviene opportunità per incontrare la cittadinanza e scaturire riflessioni quotidiane.
Il viaggio si apre con “Storie che fanno la differenza” di Ami Vitale, fotoreporter che mette in luce l’intima relazione che si instaura tra esseri umani e animali in azioni di tutela dell’ambiente e di specie a rischio d’estinzione. A seguire, “Un giorno, io sarò”, incipit e affermazione del progetto di Vincent Tremeau per Ocha, che rende lo spettatore testimone dei sogni di bambine e ragazze oscurati da guerre e crisi umanitarie. Volontà di autodeterminazione che ci introduce al capolavoro in bianco e nero del fotoreporter Pablo Ernesto Piovano in “Il risveglio di voci antiche”. Un racconto che narra la difficile convivenza tra le culture millenarie dei popoli indigeni e le logiche del profitto della società moderna.
Fil rouge di queste prime tappe è lo sguardo del soggetto fotografato – umano o animale – che cerca di instaurare una connessione con lo spettatore rendendolo partecipe di temi e realtà all’apparenza distanti ma profondamente interconnessi. Nel capolavoro “Niente di personale – il back office della guerra” della fotografa russa Nikita Teryoshin, resta solo l’occhio fotografico a svelare un business degli armamenti in cui si cela il volto degli artefici. De-responsabilizzazione e “banalizzazione del male” che, come ricorda il curatore della mostra Alberto Prina, richiedono una riflessione sulla nostra possibilità di scelta, attraverso i processi democratici, di chi si fa portavoce di queste tematiche, senza girarsi dall’altra parte, come negli scatti di Nikita, che è riuscita a rendere “personale” qualcosa che all’apparenza non lo è.
 
Per maggiori informazioni sulla mostra:
https://cascinaromafotografia.it/

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